mercoledì 31 ottobre 2012

"Altro che Mereghetti!"

In breve.
Il signore che vedete nella foto qua sotto si chiama Federico Frusciante. Nella vita fa il gestore di un negozio di videonoleggio (Videodrome, nome non casuale) a Livorno. Come secondo lavoro pubblica, su un canale YouTube, dei video di durata variabile dove recensice, consiglia, demolisce film.


Al di là della sua straordinaria conoscenza cinematografica, è diretto e preciso come pochi critici riconosciuti e acclamati sanno essere. Non è un caso che le sue sporadiche apparizioni come firma di ottime riviste quali FilmTv (che personalmente leggo dal 2001) e Il Mucchio Selvaggio siano spesso oggetto di pesanti lamentele da parte dei lettori: ciò è da imputare, da un lato, ai suoi modi non particolarmente "raffinati", dall'altro, al suo palato di cinefilo fin troppo "raffinato". Sentirlo demolire ogni singolo film di quel cane di Michael Bay è per me- che come gusti mi sento stranamente vicino a Frusciante -pura libidine, così come mi delizia sentirlo esaltare per un'ora buona autori come Tarantino, Lynch o Monicelli. E poi le recensioni "a tema" (San Valentino, la Morte, ecc.) sono veramente sbellicanti. Eccone alcune fra le mie preferite:














Grande Federico, continua così. Ce ne fossero come te: altro che Mereghetti!

Risvegli di altri tempi [Trame]

PREMESSA

Da una parte mi duole molto doverlo ammettere, ma il 31 ottobre è uno dei pochi giorni del calendario che fa riaffiorare in me una serie di lunghi, importanti e soprattutto nitidi ricordi. 
Alcuni anni fa, per celebrare proprio il ricordo di un epico "post-Halloween" liceale, scrissi un macabro racconto dove la  vita vissuta si confondeva con la finzione. Fortuna vuole che quello scritto non sia andato perduto e che proprio oggi mi sia venuta voglia di rileggerlo. Lo pubblico sul blog senza alcuna modifica. 
Buona lettura.

RISVEGLI DI ALTRI TEMPI

Den (abbreviativo di Denis) si portò una mano dietro la schiena, quasi volesse controllare di non averla persa per strada; era giovane e sapeva che, in ogni caso, ce l'avrebbe fatta. Sollevò la testa dal freddo parquet e aprì il sacco a pelo. La sveglia segnava le 6:55. Ho dormito solo un'ora e 50! pensò. Si alzò con molta calma e buttò gli occhi sui propri compagni di stanza: intravide, nella penombra, tre ragazze che dormivano profondamente, mano nella mano, accatastate su un letto a castello, e per poco non calpestò un giovanotto riccioluto disteso vicino alla porta della camera. Il controllo si estese alle altre stanze della casa: il cesso non ospitava nessun'entità dalle sembianze umane, mentre il matrimoniale della camera adiacente era occupato da due ragazze completamente nude e “Il Pottone”, l'unico in quel momento ad essere sufficientemente coperto. Den si soffermò sull'organo genitale di una delle due, probabilmente rimasta a gambe larghe per tutta la notte, e socchiuse la porta, discreto e silenzioso come un maggiordomo. Afferrò la giacca di velluto marrone e si diresse in salotto, alla ricerca di qualcuno in grado di fare un caffè. Ancora scene di orgia: una coppietta di quindicenni, dopo aver passato la serata precedente a litigare, giaceva ora su di un vecchio divano, circondato da una mezza dozzina di bottiglie di vino svuotate, un paio di Durex usati e vagonate di fazzoletti di carta. Questa è l'adolescenza? si domandò Den tirando fuori dal frigo un cartone di succo di frutta Mango&Pesca. Non sembra niente di che... anzi, secondo me queste cose dovrebbero essere la consuetudine, a 15 come a 30 anni... Andò fiero di questo suo pensiero e sentì di meritarsi una pisciata e una sigaretta. Dal salotto una portafinestra conduceva ad un piccolo giardinetto, dove l'acqua per innaffiare le piante veniva sovente sostituita dal vomito dei festaioli incalliti, cui si andava ad aggiungere, or ora, il piscio caldissimo e giallo di Den. Se lo scrollò velocemente, mentre davanti agli occhi si susseguivano le immagini della sera precedente: cosce di fuori, labbra carnose, scollature vertiginose, capelli tinti, uva rossa di fine stagione, Bombay Shappire e tonica, birre di qualsiasi provenienza e gradazione, peni in erezione, giochi della bottiglia, posacenere stracolmi, crostini con i fegatelli, capezzoli turgidi, “odore del sesso”. La colonna sonora? Al momento non ricordava nessuna canzone in particolare, se non le urla del godimento selvaggio e adolescenziale che giungevano praticamente da qualsiasi angolo della casa. Il bello è che nessuno viene mai alle feste per fare questa vita... non sono neanche feste, anche perché il tutto inizia quando qualcuno se ne esce dicendo di avere casa libera per un paio di giorni e propone una cena da lui... i genitori ti accompagnano a casa del tizio e pensano ad un innocente cena (magari col bicchiere di vino in più) con conseguente pigiama party, ma non ai figli che si scopano anche due 15enni alla volta, ai fumi dell'alcool e alla gente che dorme in qualsiasi buco libero della casa... ma non credo che i genitori debbano capire queste cose, no...non devono neanche porsi il problema... non devono proprio sapere che cazzo di vita fanno i propri figli! Nel pensare tutto questo si sentì molto maturo, sicuramente ad un livello superiore rispetto a quello di quei compagni che starnazzavano riguardo le incomprensioni familiari e stronzate simili. Rientrò tutto fiero di sé e si accese una sigaretta. Notò che, nel frattempo, la coppietta si era alzata ed era andata al bagno. Tirò un'ultima lunga boccata e spense la Marlboro dentro una bottiglia di birra; la porta del cesso era aperta: i due giovani si stavano dando una ripulita, lui sciacquandoselo bene e lamentandosi un po' per il mal di testa, lei seduta sul bidè, con il buco rivolto verso il getto dell'acqua. Den si fece avanti e chiese se uno dei due, per caso, avesse voglia di fare del caffè. Nessuno. Non fece neanche in tempo a riuscire che sentì un urlo provenire dalla camera matrimoniale: le due ragazze si erano accorte che “Il Pottone” era morto, chiamando a sé tutte le altre persone. Nella camera c'erano tutti, ma non aleggiava minimamente odore di morte, quanto un'aria di disarmante indifferenza. “Il Pottone” aveva qualche anno più di noi- iniziò a dire Den -e tutti sapevano che si ficcava in corpo pasticche e roba simile, oltre ad una ventina di cicchini ogni giorno e quelle schifezze da mangiare...diciamo che poteva succedere e affrontiamo il problema. Tutti i presenti iniziarono a scervellarsi, perché affrontiamo il problema equivaleva a far sparire il cadavere e fare in modo che nessuno tornasse a cercarlo laggiù. Gli elementi che giocavano a favore di questi ragazzi non erano pochi: tanto per iniziare, “Il Pottone” era molto indipendente e, in casa sua, nessuno sapeva mai dove poteva essere il figlio; bastava che avesse dietro una banconota da 50 euro e il cellulare acceso, poi era fatta. Inoltre, era solito allontanarsi da casa per due o tre giorni ogni fine settimana, per andare a rimediare la fica a giro, scortato solitamente da “Pottino” e “Chocolat”, i suoi due più umili servitori; ma non c'era di che preoccuparsi neanche in questo: di fatti, questi ragazzotti erano stati assenti in questa serata e lui non lasciava loro mai detta la propria destinazione. Fu convocata la padrona di casa, una di quelle che aveva avuto l'onore di donare al “Pottone” l'ultima scopata della sua vita. Fu interrogata sulla zona circostante alla cascina e su quali luoghi potessero essere adatti ad occultare il cadavere. Lei rispose in maniera ferma e precisa, con una sicurezza impensabile, vista la situazione: un pozzo abbandonato distava solo un chilometro e mezzo dall'abitazione ed essendo praticamente sommerso dalle frasche non veniva mai controllato dalla Guardia Forestale. Den le accarezzò una guancia con aria di complimenti e fece cadere gli occhi sull'apertura dell'accappatoio che lasciava intravedere il seno.
Un gruppetto di tre maschi si vestì velocemente e chiuse “Il Pottone” in un vecchio sacco a pelo marroncino, che fu, a sua volta, legato ad una corda e trascinato fino al punto prestabilito. Qualcuno optò per frugare il prematuramente deceduto, alla ricerca di qualche banconota di grosso taglio, ma Den fu chiaro: Ascoltami bene, testa di cazzo...ho fretta di tornare a casa e non me ne frega niente di avere soldi da questo tossico schiantato! Quindi buttiamolo giù e speriamo che non tocchi più a nessuno, altrimenti addio feste! Procedettero in silenzio alla macabra operazione e, assicuratisi che tutto fosse andato per il meglio, ripartirono. Nessuno riaprì bocca fino a casa, quando tutti trovarono subito qualcosa da fare: chi si attaccò nuovamente alla bottiglia, chi si accese una sigaretta, chi strappò via i vestiti a qualche ragazzina arrapata e la invitò a seguirlo. Den osservò la scena divertito e notò, con piacere, che il vecchio divano era libero. In quel momento se ne fregò di quante scopate poteva essere stato il palcoscenico e vi si sedette. Accese la televisione e un'altra paglia; su Rete All Music mandavano E... di Vasco. Che bel titolo per una canzone disse a voce bassissima. In quel momento si ricordò che non aveva ancora trovato chi potesse fargli il caffè.


martedì 30 ottobre 2012

Aspettando le nuove puntate di "The Cleveland Show", non perdiamo di vista quelle vecchie...



L'essere umano ha bisogno del dualismo, in qualsiasi campo: alle medie, tutti guardavamo I Simpson. Poi ci siamo divisi: da una parte, coloro il cui senso dell'umorismo era cresciuto, avidi di battute sempre più raffinate, cattive, talvolta volgari ma sempre partorite da cervelli intelligenti; dall'altra, quelli a cui bastavano poche gag comiche, un'imbecillità di fondo che altro non era che lo specchio della loro imbecillità effettiva e venticinque minuti con cui riempire il vuoto di quei pomeriggi televisivi senza il web 2.0 (e di conseguenza, senza pornografia). I primi hanno trovato inizialmente in South Park e poi ne I Griffin dei degni eredi delle creature di Matt Groening, i secondi si sono fossilizzati nella mediocrità umoristica, diventando loro stessi creature giallastre, con occhi grandi come palline da ping-pong e un cervello a forma di nocciolina. I primi sono quelli che vanno a vedere un film come Ted, lo capiscono e ridono; i secondi hanno visto il film de I Simpson e ridono della palese assenza di humor (hanno riso perfino per Spider-Pork, che non ha nulla di divertente). I primi hanno saputo essere duri e critici nei confronti della prima stagione di American Dad; i secondi hanno visto Futurama e nella loro atarassia globale si sono pronunciati positivamente nei confronti di una serie che potrebbe rivolgersi al cervello medio del pubblico dei Teletubbies. Io appartengo alla prima categoria: a quella che ha amato (e continua ad amare, perchè non è finito) I Griffin, che ha aspramente criticato American Dad e che, attualmente, aspetta con ansia le puntate della terza stagione di The Cleveland Show
Tim, il mio personaggio preferito
I fan di Cleveland Brown, saranno felici che Seth MacFarlane presenterà gli Oscar 2013, ma la notizia importantissima è che qui potranno trovare (gratuitamente, si intende) le prime due stagioni complete di The Cleveland Show. Così, mentre tutti noi della "prima categoria" aspettiamo il quattro novembre per la nuova puntata della terza stagione, "ripassiamo" le quarantatrè puntate delle stagioni precedenti.

lunedì 29 ottobre 2012

Autunno bonelliano [Pt. 3]

LE STORIE #1
"IL BOIA DI PARIGI"
testi: Barbato/ disegni: Casertano
Sergio Bonelli Editore
110 pag., BN, 3,50 €
★★★★


A chi, se non alla grande Paola Barbato, poteva spettare il compito di inaugurare la vera novità bonelliana di questo 2012 che si avvicina sempre di più alla conclusione? E a chi, se non a un veterano come Giampiero Casertano, poteva andare il compito di affiancarla come disegnatore? Il boia di Parigi inaugura in maniera a dir poco brillante il progetto Sergio Bonelli Editore dal titolo Le Storie: racconti autoconclusivi di 110 pagine l'uno firmati dai più grandi autori del fumetto italiano. La storia di Sanson non si riduce ad una mera documentazione storica tradotta a fumetti, bensì risulta un'appassionante avventura umana basata sulla paura (una paura dettata anche dai fatti del periodo storico dove Il boia di Parigi è ambientato, cioè la Parigi del 1790), la coerenza e la vendetta. Disegni semplicemente spettacolari: Casertano è a suo agio in mezzo alle uniformi storiche così come fa capolino volentieri in quelle ambientazioni macabre che tanto lo hanno reso famoso sulle pagine di Dylan Dog. Se il buongiorno si vede dal mattino...

DYLAN DOG #314
"I SEGNI DELLA FINE"
testi: Gualdoni/ disegni: Casertano
Sergio Bonelli Editore
98 pag., BN, 2,90 €
★★


Se Casertano in questo ottobre bonelliano firma i disegni di un capolavoro come Il boia di Parigi, non bissa con I segni della fine, la nuova avventura dell'inqilino di Craven Road n.7 che prometteva bene. Il mondo sta per finire, Londra è di nuovo impazzita (era impazzita pochi mesi fa, l'ultima volta!): fra treni deragliati, muri antropofagi e cabine telefoniche che imprigionano gli umani e li trascinano sul fondale del Tamigi, Dylan Dog teme che i Maya potessero realmente avere ragione. Senza l'aiuto di Giacobbo e del team di Voyager, per fortuna, il mondo non finirà. Di questo albo segnalo tre buone cose: i disegni di Casertano, l'idea del palazzo che cammina per Londra e il ritorno del rabbino Allen, uno dei miei personaggi preferiti. Che dire? Da un Gualdoni che appena due mesi fa aveva regalato ai lettori una perla come Epidemia aliena ci si poteva aspettare di meglio.

ROMANZI A FUMETTI #8
"SUL PIANETA PERDUTO"
testi: Serra/ disegni: Bacilieri
Sergio Bonelli Editore
288 pag., BN, 9, 50 €
★★★★★


Mi trovo in difficoltà nel recensire la nuova graphic-novel bonelliana, in quanto è firmata da uno dei disegnatori che preferisco, quel Paolo Bacilieri che avevo iniziato ad apprezzare su Napoleone e del quale avevo cercato di recuperare alcune opere più indipendenti come Storia del cazzo, risalente agli anni '80. Non pago di aver realizzato- edito proprio quest'anno da Coconino -il bellissimo e "chiacchierato" Sweet Salgari, ora traduce in immagini la fantascientifica sceneggiatura di Antonio Serra. A coloro che si aspettano la fantascienza "serriana" classica dico <<Evitate di leggere Sul pianeta perduto>>: infatti, questa meravigliosa e commovente storia, non ha niente a che spartire con le gesta di Nathan Never, dell'Agenzia Alfa, di Legs Weaver o ancora con la saga dell'Asteroide Argo. Io, che di fantascienza mi intendo relativamente, ho ritrovato in queste pagine sia lo spirito di certi romanzi di Heinlein che il tratto "cartoonesco" di alcune opere Pixar: la cosa sorprendente non è solo come i due autori mettono tali strumenti al servizio dell'avventura di Jim e Rose (i due contadini-astronauti protagonisti, discendenti di uomini precipitati in tempi antichi su un'altro pianeta), ma come linguaggi  grafici e contenutistici che in comune hanno solo il genere (la fantascienza) convivano in un perfetto equilibrio. Un capolavoro. 

sabato 27 ottobre 2012

[Recensione] Le Belve

Oliver Stone non realizza un gran film dal 1991 (da JFK), ma nel frattempo Assassini nati (1994) mi ha fatto divertire, Ogni maledetta domenica (1999) mi ha commosso e ho molto apprezzato la volontà di accantonare le usuali teorie complottiste allo scopo di fornire un più semplice e  crudo ritratto dell'eroismo e del sacrificio in World Trade Center (2006). 

Non nascondo che per Le belve avevo aspettative un po' più alte del solito: mi piaceva la trama, mi piaceva il fatto che Don Winslow avesse scritto la sceneggiatura tratta dal suo libro, mi piaceva Daniel Mindel come direttore della fotografia. Comincio col dire che non c'è niente di più semplice di una storia come quella delle Belve: Ben (Johnson) e Chon (Kitsch) coltivano la migliore erba del mondo, condividono la bellissima Ophelia (Lively), si godono la vita a Laguna Beach e prendono il sole trecentosessantacinque giorni l'anno; Elena (Hayek), spietata boss del cartello Baja, vuole impossessarsi del romantico business di questi simpatici surfisti "sfattoni" e ovviamente fa rapire al sadico e cattivissimo Lado (Del Toro) la bella Ophelia. Nel mezzo, abbiamo Dennis (Travolta), la macchietta dell'agente federale doppiogiochista i cui unici interessi sono tenersi il posto e continuare a far fumare le canne alla moglie, malata terminale di cancro. Fortuna vuole che dopo due delle due ore e dieci di film si scopra che Elena (sempre più inspiegabilmente materna nei confronti del suo ostaggio) ha una figlia, che immediatamente viene rapita da Ben e Chon e scambiata con la loro ragazza. Il finale disneyano affonda in litri di sterco anche quelle due o tre cose salvabili di questo palloso pasticcio interamente costruito su dialoghi inefficaci e personaggi sfruttati male (Emile Hirsch spara due battute e sparisce). Salma Hayek nel ruolo della dark lady recita peggio del solito, tanto da far desiderare che Oliver Stone la rimpiazzi con Benedetta Parodi almeno per il secondo tempo. E per quanto belle siano, le curve di Blake Lively non valgono i sette euro del biglietto, così come non li valgono alcuni brani della colonna sonora, o le belle onde californiane che tempestano lo spettatore dall'inizio alla fine del film. Basta andare da Hollister e mettersi a fissare i due maxi-schermi all'entrata, a quel punto.

mercoledì 24 ottobre 2012

Anima del nord [Schegge di lettura]

Per me si potrebbe sempre parlare di August Strindberg. Mi risulterebbe impossibile pensare alla letteratura (in particolare a quella teatrale) senza citarlo. Occhio realista delle pubbliche virtù e dei vizi privati medio borghesi nella seconda metà dell'Ottocento (La sala rossa), approda ad uno stile più cupo, simbolista e "intimo" alla fine del secolo, dedicandosi prevalentemente al teatro (Il sogno, Verso Damasco e il ciclo Teatro da camera, per citare solo alcune famose opere). Avendo la fortuna di avere letto e di possedere tutto ciò che di Strindberg è stato tradotto nel nostro paese (lo si capisce dalla foto), ho gioito quando ho appreso che un'opera inedita dello svedese era uscita lo scorso maggio per i tipi di Felici Editore, piccola casa editrice del pisano.

I racconti dell'arcipelago sono una piccola silloge risalente al 1881, pubblicata inizialmente col titolo Allo scoppio della primavera e comprendente testi risalenti agli anni tra il 1872 e il 1876. Lo stile e i temi risentono ovviamente di quel realismo borghese presente nell'esordio narrativo di Strindberg (il sopravvalutato La sala rossa), al quale va ad aggiungersi, tuttavia, un lirismo impressionista che è possibile ritrovare- almeno fra le opere di quegli anni -nel romanzo Gli abitanti di Hemso (sempre a sfondo marittimo). La vita di questi bizzarri individui che vivono nell'arcipelago di Stoccolma ci passa davanti un pò frettolosamente in una manciata di pagine, ma risulta comunque gradevole, con descrizioni non prive di colore e brio narrativo. Non amo molto lo Strindberg giovanile, ma riconosco che questi racconti scorrono veramente bene e potrebbero offrire- a chi non lo ha mai letto, si capisce -una valida alternativa ai primi pesanti romanzi realisti. E'chiaro infine che i riflessivi marinai del crepuscolare frammento Un racconto dall'arcipelago di Stoccolma (uscito postumo e progettato come romanzo da Strindberg negli ultimi mesi di vita) sono lontani, ma un pò di impeto giovanile non guasta neanche ad una fredda anima del nord come l'immenso scrittore svedese.


I bei tempi del cinema bellico italiano, ovvero stralci di una top ten [Ombre elettriche]


Where Eagles Dare. Un titolo che almeno a me fa venire in mente due buone opere d'arte: la prima, è un film di guerra inglese di B.G. Hutton con Richard Burton e Clint Eastwood (in Italia è tradotto come Dove osano le aquile), prodotto dalla MGM nel 1969; la seconda, è una canzone degli Iron Maiden ispirata alla suddetta pellicola e inclusa nel loro quarto album in studio Piece of Mind (1983). 
Lasciando momentaneamente da parte "le vergini di ferro", Dove osano le aquile è uno dei film di guerra che preferisco: uno dei motivi, è che il secondo conflitto mondiale si limita a fare da sfondo ad una storia che intreccia i temi classici del cinema di spionaggio con l'avventura un pò gotica (il Castello delle Aquile dove è prigioniero il generale americano mette i brividi) e le situazioni tipiche di quelli che oggi vengono antipaticamente definiti action-movies. Al di là delle invenzioni, degli anacronismi e delle situazioni ai limiti dell'assurdo, Dove osano le aquile è divenuto un cult per molti appassionati di quel cinema bellico alleggerito dai sottotesti di riflessione politica (Stone), storica (Kubrick) e filosofica (Coppola). Ma la verità è che registi come Hutton negli anni '60 (o come Tarantino, negli anni 2000) devono solo ringraziare i loro colleghi italiani, che con budget di gran lunga inferiori ai loro hanno regalato al cinema di guerra molti "piccoli grandi" film. Ecco i dieci che preferisco: procurateveli in qualsiasi modo e formato. Sono tutti film da vedere, tutti film a cui appassionarsi smisuratamente.













martedì 16 ottobre 2012

[Recensione-Scontro]Resident Evil Retribution VS. Total Recall

I cattivi film si dividono in due categorie: i cattivi film divertenti e i cattivi film brutti. Resident Evil Retribution e Total Recall. Atto di Forza appartengono rispettivamente alla prima e alla seconda categoria.


RER (uso l'acronimo per comodità) è quel genere di film (non film di genere, attenzione) che viene in aiuto ad uno spettatore che vuole svagarsi e a cui non interessa vedere una storia per immagini: gli interessano solo le immagini. Se poi questo spettatore è videoludicamente fermo alla prima Play Station, prossimo al grado zero della richiesta intellettuale, appassionato sia al sadismo privato che al masochismo di massa e afflitto da pruriti sessuali perenni (due primi piani della Jovovich e passa tutto), rimarrà ancora più coinvolto dallo strabiliante 3D messo a disposizione del britannico Paul W.S. Anderson, già regista del primo e quarto capitolo della saga Capcom. Dopo la spettacolare sequenza iniziale e il consueto "pippone" di Alice su cosa le è successo nei quattro film precedenti, scompare totalmente il concetto di "trama". Il film tratto da un videogioco torna ad essere videogioco, con livelli che si forgiano via via (il livello Mosca- nel quale qualcuno arriva addirittura a leggere dei contenuti politici anticomunisti -è spettacolare) e cloni di cloni che mettono in grave difficoltà la nostra bella eroina super-attillata. Peccato che la tematica materna disturbi gravemente il perfetto equilibrio fra effetti visivi e rincoglionimento cui eravamo stati abituati già dai due film precedenti. Ma a parte questo, RER è un film da vedere. Si ride, ci si diverte, e la sera si va a letto senza troppo pensare a di cosa parlava il film. O a quale videogioco abbiamo giocato. 



Total Recall. Atto di Forza è semplicemente un remake di merda di un film di merda. Colin Farrell fa rimpiangere Schwarzy, la Beckinsale urla male (22 anni fa, almeno Sharon Stone aveva un bel lato B), la sceneggiatura cestina definitivamente il racconto di Philip K. Dick cui la pellicola originaria era lontanamente ispirata e Len Wiseman (il "regista") non ha lo stile di Verhoeven. Nella mia esperienza, vanto un lato positivo: sono fiero di averlo visto in rete e di non aver regalato sette euro ad un'opera in confronto alla quale i film di Michael Bay sono materiale da rassegna d'essai.

Politically Correct [Schegge di lettura]

Metto le mani su Walt Disney (1976) di Bob Thomas, pubblicato in Italia da Mondadori nel 1979 e ormai introvabile. Per fortuna.
Sembra di avere fra le mani il tipico manuale che veniva fatto leggere nelle scuole italiane durante il ventennio: Walt Disney è il dux, fido condottiero ed eroe della patria, colui che grazie alla fantasia e all'ingegno ha fatto vincere agli Stati Uniti la Seconda Guerra Mondiale (questo sembra emergere dal finale del capitolo 3). L'inizio del libro, che descrive le origini del clan Disney e trasporta il lettore nella Normandia dell'anno 1000, è quasi imbarazzante per i toni epici da memoriale settecentesco utilizzati al fine di descrivere quella che era una comune famiglia di contadini franco-anglo-irlandesi. Le gesta dell'adolescente studente conservatore Walt Disney farebbero impallidire Eracle e le sue fatiche, mentre la costruzione di Disneyland assume una valenza praticamente biblica nel percorso professionale di questo grande figlio dell'America. Mai un errore, mai un passo falso; giusto qualche accenno ad un periodo di depressione (dovuto, ovviamente, al troppo lavoro e alle ingenti quantità di milioni guadagnate in borsa) mostra un Disney (quasi) umano. Per Bob Thomas, il creatore di Topolino è un santo, una divinità imprenditoriale da ammirare e rispettare, nella sua purezza e onestà. 
Da quando ho letto questo libro, ogni volta che vedo una maglietta con sopra un disegno di Paperino, vengo colto da un irrefrenabile desiderio di prostrarmi e baciargli avidamente le zampe palmate.



mercoledì 10 ottobre 2012

Autunno bonelliano [Pt. 2]

ZAGOR #618
"SULLE RIVE DEL GRANDE FIUME"
testi: Burattini/ disegni: Laurenti
Sergio Bonelli Editore
98 pag., BN, 2,90 €

★★★★


Ancora in Sudamerica, ancora Zagor e Cico, ancora sulle tracce di Dexter Green. Inutile dire che l'epopea amazzonica dello Spirito con la Scure prosegue senza un attimo di tregua, con storie appassionanti e comprimari sempre ben definiti (il botanico Richard Spruce ne è la prova): alla ricerca delle donne guerriere, Zagor e Cico dovranno vedersela prima con un alligatore molto cattivo e poi con Barranco, rimasto straordinariamente vivo dopo lo scontro sulle Ande di pochi mesi fa. E come sempre è impossibile non domandarsi come andrà a finire. Ma lo scopriremo solo nel prossimo numero...


MARTIN MYSTERE #323
"I TRENTASEI GIUSTI"
testi: Recagno/ disegni: Torti
Sergio Bonelli Editore
162 pag., BN, 5 €

★★★

Che dire del nuovo albo del BVZM? Una bella donna arriva al numero di 3 di Washington Mews perchè è inseguita da uomini che stranamente non sono uomini in nero; Martin la soccorre, lei lo bacia e gli racconta una storia interminabile legata ad una corrente dell'ebraismo. I trentasei giusti del titolo sono trentasei individui che devono giustificare l'esistenza del genere umano agli occhi del dio supremo. Uno spunto interessante, senza dubbio: e allora perchè risolvere tutto nel modo più banale, e cioè con il luogo comune ormai iperconsolidato "ad Agarthi trovi tutte le risposte"?




MAXI TEX #16
"LA LEGGE DI STARKER"
testi: Faraci/ disegni: Repetto
Sergio Bonelli Editore
324 pag., BN, 6,30 €



Da tempo si vociferava di un ritorno di quel Miguel Angel Repetto sulle pagine di Tex. Il fatto che il suo pennino sia stato messo a disposizione di una magnifica storia firmata dal buon Tito Faraci va solo a migliorare ulteriormente la qualità del nuovo "mattone" bonelliano. Faraci ci mostra un Tex Willer solitario di fronte ad una situazione già vista (cittadina di fifoni con sceriffo reo di abuso di potere), ma diversa. Stavolta lo sceriffo è un vero ex-delinquente professionista che ha due cose in comune con Tex: l'abilità con la pistola e...l'astuzia. Sarà provvidenziale l'arrivo di Carson (dopo ben 264 pagine!)? Comprate, leggete e giudicate voi...





domenica 7 ottobre 2012

Rivalutando Hemingway [Schegge di lettura]

La prima volta che mi imbattei in Hemingway avevo dodici anni: lessi Vero all'alba e lo giudicai un brutto libro, lontanissimo dai miei gusti personali sia in fatto di forma che di contenuti. Poco tempo dopo, trovai nella libreria di casa una copia de Il vecchio e il mare, quello che a detta di molti è il vero capolavoro dello scrittore di Oak Park. Pure in questa pietra miliare della letteratura moderna non ci trovai niente che mi insegnasse qualcosa. Negli anni successivi ho provato a leggere Per chi suona la campana (unico merito del libro è avere ispirato la canzone For Whom The Bell Tolls dei Metallica), Addio alle armi, Morte nel pomeriggio e il notevole Verdi colline d'Africa. A parte l'ultimo di quelli che ho citato, avevo finito col relegare Hemingway nella sezione "scrittori da non rileggere mai più", ma mi sbagliavo.
Non avevo letto Festa mobile, il libro con cui ho rivalutato completamente Hemingway. Romanzo autobiografico, pubblicato postumo nel 1964, è una fedele cronaca della vita nella Parigi degli anni Venti (chi ha visto Midnight in Paris noterà delle forti assonanze fra il film di Allen e l'opera di Hemingway). Gertrude Stein, Picasso, Pound, Joyce, Eliot, Sylvia Beach, Scott Fitzgerald sono i personaggi di un grande atto d'amore (letterario) nei confronti della città di Parigi, quella che Hemingway, ormai anziano, ricorda e rimpiange. 

"Era la Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici."

La "Generazione Perduta" soffre la fame un giorno, mentre il giorno seguente è a bere e fumare oppio o anche meglio alle corse dei cavalli: il tutto vissuto all'insegna di quella "festa mobile" cui allude il titolo. Un periodo pieno di dolori e rischi, ma anche di autentica felicità, quella che Hemingway sa che non tornerà mai. Insieme a quella summa che è Tenera è la notte (Tender Is The Night, che ha ispirato il primo verso della canzone Tender dei Blur) di Scott Fitzgerald, Festa Mobile non è solo uno dei più bei libri che si possono leggere su un periodo storico come gli anni Venti, ma in generale uno dei migliori romanzi di Ernest Hemingway, un documento di inestimabile valore sulla "adolescenza" artistica analizzata con gli occhi della vecchiaia. 

[Recensione]Ted


In breve.
Ted ha ricevuto consensi perlopiù negativi da parte di tutti: critica di sinistra, critica di destra, pubblico, ecc.; ma c'è un motivo preciso. 
Il pubblico medio ha riso al 20% del film, cioè a quella percentuale dove o si ha una gag comica esilarante o viene sparata una battuta che potrebbe capire anche un bambino di quattro anni. La critica è stata ancora più subdola: invece di esaltare l'irriverenza e la genialità della vis comica di McFarlane (vis già ampiamente dimostrata nei Griffin, nel più "soft" American Dad e nel più recente Cleveland Show) ha puntato il dito solo sul finale del film, sui facili sentimenti all'americana. Posso essere d'accordo sul fatto che, avvicinandosi all'epilogo, la storia assuma davvero delle connotazioni troppo zuccherose, ma è anche vero che sono tutte controbilanciate da una dose di cattiveria impareggiabile. 
Lontano dalla demenza gratuita di film che hanno avvelenato la vita sessuale di molti miei coetanei (vedi i vari American Pie, Scary Movie e film parodistico-finto-erotici) e da quella mala-recitazione cafona e volgare dei film comici italiani (nessuno, a casa nostra, potrebbe riuscire a scrivere anche mezza pagina di un film di questo livello), Ted è uno dei film più brillanti e divertenti che mi sia mai capitato di vedere al cinema. Va capito, è vero. Ma una volta iniziato a ridere, si potrebbe andare avanti anche per quattro ore.
Nei cari vecchi States non è piaciuto, dicono. Chissà perchè...