lunedì 31 luglio 2017

La ragazza di Brownsville (per Sam Shepard, 5/11/1943-31/7/2017) [Extra]

Sam Shepard alla corte di Bob Dylan (periodo Rolling Thunder Revue, fine 1975)
E' morto Sam Shepard.
(Lo so, oggi è morta anche Jeanne Moreau e su Facebook le ho dedicato due righe e (I Love You) 'Till the End of the World dalla colonna sonora dell'omonimo film in cui, guarda caso, recitava una piccola parte.)
Ma Sam Shepard...
Sam Shepard era uno dei miei eroi. Ha scritto Zabriskie Point e, soprattutto, Paris, Texas, ovvero una di quelle cose da isola deserta (possibilmente come parte integrante di uno smartbox che comprenda anche Nastassja Kinski versione 1985 e la colonna sonora di Ry Cooder). 
Ha scritto un paio di libri che mi hanno segnato profondamente. A tal proposito, è di neanche due anni fa la raccolta di racconti Diario di lavorazione, ancora perfettamente rintracciabile nelle librerie italiche. Un qualcosa di unico per quanto riguarda la narrativa americana degli ultimi tempi.

Ha recitato in mille pellicole che amo e, a intervalli più o meno regolari, rivedo: I giorni del cieloBaby Boom, Black Hawk Down, Non bussare alla mia porta, e, in tempi più recenti, Mud, Il fuoco della vendetta, Cold in July
(Non nascondo di non aver mai avuto modo di vedere le sue due prove come regista, ma poco importa.)
Con Richard Gere ne I giorni del cielo di Terrence Malick
Sam Shepard, che, giovanissimo (si parla del 1967), prestò volentieri i suoi servigi di batterista nell'assurdo album Indian War Whoop degli Holy Modal Rounders.

Sam Shepard e Patti Smith. Che coppia. Una di quelle con cui uscire la sera per locali, teatri e soprattutto cinema.

Sam Shepard, del quale vado ora a condividere quella Brownsville Girl co-scritta con Bob Dylan. Un premio Pulitzer che incontra di nuovo, a metà anni Ottanta, a dieci anni dai fasti della Rolling Thunder Revue un (prevedibile?) premio Nobel e ne viene fuori un capolavoro di undici minuti, costretto a coabitare lo spazio del più osceno, mediocre album di Dylan. Roba che, comunque, Alessandro Baricco, Massimo Gramellini e altri amichetti faziosi neanche in ulteriori nove vite potranno lontanamente concepire. La trovate su Vimeo (https://vimeo.com/183524348), perchè su YouTube non c'è. 

"Dunque, una volta ho visto un film
che parlava di un uomo che attraversava il deserto ed era interpretato da Gregory Peck.
Veniva ucciso da un ragazzo assetato di gloria che cercava di farsi un nome.
La gente del paese voleva linciare quel ragazzo ed appenderlo per il collo.
Allora lo sceriffo picchiò a sangue il ragazzo mentre il pistolero morente giaceva steso al sole e boccheggiava col suo ultimo respiro.
Lasciatelo libero, lasciatelo andare, che dica pure di avermi battuto in duello leale.
Voglio che provi come ci si sente ad affrontare la morte ad ogni istante.
Bè, stavo guardando tutto questo e ne ero avvinto
e, sai, era come essere colpiti da una palla ed una catena.
Sai che non riesco a credere che abbiamo vissuto così a lungo e siamo ancora divisi.
Il tuo ricordo mi risuona alle spalle come un treno in corsa.
Mi ricordo ancora il giorno in cui sei venuta da me sul deserto dipinto
con la tua Ford truccata ed i tuoi tacchi con la piattaforma alta.
Non ho mai capito perchè tu avessi scelto proprio quel posto per vederci,
ma avevi ragione. E' stato perfetto quando mi sono messo al volante.
Guidammo l'auto per tutta la notte fino a San Anton'
Dormimmo nei pressi di Alamo, la tua pelle era morbida e delicata.
Giù in Messico andasti a cercare un dottore e non sei più tornata.
Sarei venuto a cercarti ma non me la sentivo di prendermi una pallottola in testa.
Guidiamo l'auto ed il sole sta salendo sulle Rocky Mountains.
Adesso so che lei non è te ma è qui ed ha quel ritmo oscuro nell'anima,
e io mi trovo sul filo del rasoio e non sono più dell'umore di ricordare i vecchi tempi, quando ero il tuo uomo.
E lei non vuole che io lo ricordi. Sa che perderemmo il controllo dell'auto.
Ragazza di Brownsville con i tuoi riccioli di Brownsville, i tuoi denti sono perle splendenti come la luna.
Ragazza di Brownsville, mostrami il mondo tutt'intorno, ragazza di Brownsville sei il mio dolce amore.
Bè, attraversammo il Panhandle e ci dirigemmo ad Amarillo.
Ci fermammo dove Henry Porter viveva abitualmente. Possedeva un lotto di terreno abbandonato circa un miglio fuori della città.
Ruby era nel cortile sul retro a stendere i panni, con i suoi capelli rossi legati dietro
Ci vide arrivare in una nuvola di polvere.
Disse: <<Henry non c'è, ma entrate pure, arriverà tra poco>>.
Poi ci disse di come i tempi erano duri e di come lei stava prendendo in considerazione l'ipotesi di strappare un passaggio e ritornare da dove era partita.
Ma sai, cambiava argomento ogni volta che il discorso cadeva sul denaro
Disse: <<Benvenuti nella terra dei morti viventi>>. Sembrava così triste.
Disse: <<Persino i posti dove si va a barattare la roba stanno diventando piuttosto loschi>>.
<<Quanto lontano siete diretti?>> ci chiese Ruby in un singhiozzo.
<<Continueremo ad andare finchè le ruote non andranno a fuoco.
Finchè il sole non scorticherà la vernice ed i sedili si scoloriranno e la vipera di fiume infine morirà>>.
Ruby sorrise dicendo: <<Ah, si sa che certi bambini non imparano mai>>.
Eppure qualcosa a proposito di quel film non mi va proprio via dalla mente.
Però non riesco a ricordare perchè fossi in quel film o quale ruolo si presume che dovessi interpretare.
Mi ricordo solo che c'era Gregory Peck e il modo in cui la gente si muoveva,
e un mucchio di persone sembravano guardare nella mia direzione.
Ragazza di Brownsville con i tuoi riccioli di Brownsville, i tuoi denti sono perle splendenti come la luna.
Ragazza di Brownsville, mostrami il mondo tutt'intorno, ragazza di Brownsville sei il mio dolce amore.
Allora cercavano qualcuno con un ciuffo sulla fronte.
Io attraversavo la strada quando risuonarono i colpi.
Non sapevo se abbassare la testa o darmela a gambe, così scappai.
<<Lo abbiamo intrappolato nella chiesa>>, gridò qualcuno.
Beh, vedesti la mia foto sul Corpus Christi Tribune.
La didascalia recitava: Un uomo senza alibi.
Tu facesti una deposizione a mio favore, dicesti che ero con te.
Poi, quando ti vidi di fronte al giudice piangere lacrime vere,
è stata la miglior recita che abbia mai visto fare a qualcuno.
Ora, io sono sempre stato il tipo di persona che non ama andare oltre il limite,
ma alle volte capita che ti ci ritrovi senza volerlo.
Oh, se c'è un pensiero originale là fuori potrei usarlo giusto ora.
Sai, mi sento abbastanza bene ma questo non vuol dire molto. Potrei sentirmi molto meglio,
se solo tu fossi qui al mio fianco a mostrarmi come fare.
Sono in coda sotto la pioggia per vedere un film con Gregory Peck.
Già, ma non è quello che avevo in mente,
ne è uscito uno nuovo suo, non so nemmeno di che parla,
ma andrei a vederlo in qualsiasi film, così resterò in fila.
Ragazza di Brownsville con i tuoi riccioli di Brownsville, i tuoi denti sono perle splendenti come la luna.
Ragazza di Brownsville, mostrami il mondo tutt'intorno, ragazza di Brownsville sei il mio dolce amore.
Sai, è strano come le cose non vadano mai secondo i tuoi piani.
L'unica cosa certa che sapemmo di Henry Porter è che il suo nome non era Henry Porter.
E sai che c'è stato qualcosa di te, bimba, che mi piaceva e che era sempre troppo buono per questo mondo.
Così come tu hai sempre detto che c'era qualcosa di me che ti piaceva e che io avevo lasciato nel Quartiere Francese.
Strano come le persone che hanno sofferto insieme abbiano legami più saldi di quelle più felici
Non ho rimpianti, potranno parlare di me a volontà quando sarò morto.
Hai sempre sostenuto che le persone non fanno quello in cui credono ma solo quello che più conviene, e poi se ne pentono.
Ed io ho sempre detto: <<Aggrappati a me, piccola, e speriamo che il tetto regga>>.
Una volta ho visto un film, credo di averlo visto due volte di fila.
Non mi ricordo chi fossi o dove fossi diretto
Mi ricordo solo che era interpretato da Gregory Peck, portava una pistola e gli spararono alle spalle
Mi sembra sia passato un mucchio di tempo, molto prima che le stelle cadessero a pezzi.
Ragazza di Brownsville con i tuoi riccioli di Brownsville, i tuoi denti sono perle splendenti come la luna.
Ragazza di Brownsville, mostrami il mondo tutt'intorno, ragazza di Brownsville sei il mio dolce amore."

Auguriamo buon viaggio, a questo vecchio cowboy. E che quella ragazza di Brownsville gli sia di compagnia, ovunque egli sia diretto.

venerdì 28 luglio 2017

Arcade Fire, "Everything Now" [Suggestioni uditive]

Arcade Fire,
Everything Now
(Columbia Records, 2017)
1/2















"L'avanguardia alternativa non fa sconti comitiva/
l'avanguardia è molto dura e per questo fa paura."
                                                              Skiantos, Largo all'avanguardia (1978)

Non ne ho molti, in verità, ma alcuni conoscenti che mi invitano ad ascoltare in misura maggiore musica alternativa e che mi consigliano gruppi di tendenza, nomi dell'indie (straniero o, peggio ancora, italiano) in cui pare che si intraveda il futuro ogni tanto si fanno vivi. Sono gli stessi che perseverano nel consigliarmi di installare nuovamente- stavolta abbonandomi -Spotify. Ma mentre sul secondo punto non transigo, ogni tanto mi presto volentieri a certi esperimenti. A volte va bene, altre va male. Recentemente mi è andata bene, specie con le ultime cose di Peter Rowan, Marty Stewart, Ginevra di Marco, Mark Eitzel, CRB, Eric Andersen, Nathaniel Rateliff e, uscendo dai sentieri prettamente rock o derivanti da esso, Ambrose Akinmusire (un trombettista scoperto grazie a un amico di Facebook di cui consiglio fortemente il recente A Rift in Decorum). Non sto, ovviamente, a sottolineare che i Gov't Mule hanno da poco pubblicato uno dei più bei dischi in studio della loro carriera, che Chuck di Chuck Berry continua a girare che è una bellezza, che i Rolling Stones continuano a farci dei bei regali (si fa per dire) tirando fuori materiale dagli archivi (l'ultimo grande colpo lo hanno fatto col cd di Ladies and Gentlemen, furiosa cronaca di una serata texana del tour di Exile già riemersa in formato video quattro anni or sono).
Ma può anche andar male. Ad esempio quando, per tre quarti d'ora, dedido veramente di essere alternativo, indie e di tendenza ascoltando Everything Now, quinto album degli Arcade Fire che aspettavo con una certa curiosità e di cui mi sono interessato essenzialmente per tre motivi: il primo, la copertina, molto nelle mie corde; il secondo, la co-produzione di tre dei miei miti che rispondono ai nomi di Thomas Bangalter (Daft Punk), Steve Mackey (Pulp) e Geoff Barrow (Portishead); il terzo è che io i dischi degli Arcade Fire li ho sentiti tutti, ho sempre trovato tempo per ascoltarli da cima a fondo (come, del resto, tutti dovremmo fruire la musica) e mi sono sempre sembrati un gruppo interessante ma paralizzato, prigioniero di una confusione di intenti che, dopo tutto questo tempo, mi pare li abbia condotti a una pochezza di idee sconcertante.
Quattro anni fa, avevo recensito Reflector affibbiandogli due stelle, ma questo Everything Now è davvero peggio: un'accozaglia di suoni, di quelli che ti fanno subito correre a metter mano a South of Heaven degli Slayer o a una compilation di Coleman Hawkins, di quelli che ti fanno domandare come sia possibile non tanto intravedere del buono in questa musica (io sono prevenuto, quindi è normale che finisca col sembrarmi merda), ma anche solo perderci tempo recensendola e scrivendone scomodando termini desueti perfino per gli standard dell'Accademia della Crusca. Alla fine di tutto, gli Arcade Fire rispettano uno schema che, per me, condividono coi Radiohead: sono trendy (ovvero, ad ogni cureggia se ne parla sempre tanto e più del dovuto), ma ormai mi basta l'ascolto di metà di uno qualsiasi dei loro dischi (un disco di quarantasette minuti, non un doppio album) per farmi domandare come può tanta gente- gente che la musica la segue pure -impazzire per delle palle simili. Sono passati dal Visarno di recente e pure di quel concerto ho letto recensioni completamente stordite: perchè ditemi voi se non è da storditi gridare al miracolo ad ogni nota suonata in ogni concerto di Arcade Fire, Tame Impala, Sufjan Stevens, ecc.? Poi, ci mancherebbe, queste persone fanno benissimo a coltivare i propri gusti e le proprie tendenze, ma un ripassino di musica seria sarebbe auspicabile. E non lo dico nè per partito preso, nè per retromania (la detesto), ma perchè un disco dei Led Zeppelin cancella l'intera carriera di uno a caso dei gruppi citati.

sabato 22 luglio 2017

Il mio, il suo, il nostro appetito di distruzione [Extra]

UN APPETITO DI DISTRUZIONE.

''Quando ero piccolo, la sera me ne stavo sul letto, ascoltando mio padre che continuava ad ubriacarsi mentre urlava contro a mia madre. 
Louis Jordan, T-Bone Walker, Big Joe Turner, queste persone mi hanno salvato la vita. Adesso parlo con altri ragazzi e per loro c'è Elvis, c'è Little Richard, c'è Bill Haley.
Ogni generazione è piena di ragazzi sperduti che hanno bisogno di sentirsi dire che non sono soli.''
                                 Richie Finestra (Bobby Cannavale), Vinyl, stagione 1, episodio 10

Mi corico che ormai è scesa la sera. Sono in quell'età strana in cui non si è nè carne nè pesce, i muri della mia camera sono  intonsi. Neanche mezzo poster di una moto da cross, sicuramente lo sguardo vigile di Tex Willer veglia da qualche parte, eroi dei videogiochi, due mazzi di Magic e nessuna squadra di pallone. Non posso immaginare che tra non molto quei muri non saranno sufficienti a ospitare tutti i poster di gruppi rock che avrò modo di ascoltare.
Domani a scuola chissà se il Paz interroga. Non ho studiato tanto e un po' questo ginnasio mi preoccupa. Ripenso alla terza declinazione greca, prima che la mente si liberi e voli via. Chissà come sarà andato il compito in classe, chissà quando avrò finito di mettere da parte i soldi per un nuovo compact degli Iron, chissà se e quando diventerò davvero amico di alcuni compagni di classe. Poi arriva un ''chissà'' che non conosco, quello che mi fa stare con gli occhi aperti, quello di cui mi sfuggono i reconditi significati. Anche solo quattro, cinque anni dopo lo avrei definito un blues, ma intanto io del blues non so niente e i miei ''chissà'' rimangono lì. Non riesco a comprendere che, probabilmente, è il ''chissà'' di come sarà la mia vita quello su cui sto fantasticando; certo, intuisco già il senso del blues, ma ancora non lo capisco.
Sono già passati alcuni mesi dal mio ingresso al Liceo e fra pochi giorni partiamo per la gita. Due giorni a Torino, città da poco insignita dell'onere di ospitare le prossime Olimpiadi invernali e dunque venuta di gran moda. Il programma prevede visite al Museo Egizio e alla Mole Antonelliana, una puntata al Lingotto e una girata alla biblioteca comunale, dietro una delle cui teche è custodito l'autoritratto di Leonardo. Ci accompagna il Paz, persona che sto vedendo quasi più spesso dei miei genitori (diciotto ore alla settimana) e che un po' somiglia ad un secondo babbo. Entrambe le quarte ginnasio della sezione classica del Liceo ''A. Volta'' partecipano alla gita, ma sono classi diverse: composta e obbediente la B, anarchica e spontanea la A. Io, ovviamente, sono nella A. Le circolari in cui la scuola si esonera da ogni responsabilità sono state firmate, la quota dell'autobus e del pernottamento è stata versata e il giorno della partenza è vicino. Per l'occasione, mi regalano uno zainetto blu Invicta, tanto pratico quanto anonimo (lo personalizzerò nell'arco dei due anni successivi), ma non importa: mi basta che possa contenere il mio lettore cd portatile Panasonic nuovo di zecca (continuo a chiedermi perchè, quando sono andato a comprarlo in negozio a Firenze, abbiano voluto regalarmi a tutti i costi una miniatura della nuova Ducati Monster), l'acqua e qualche schifezza da mangiare. Non fumo, non bevo e non mi drogo. Almeno, non ancora.
Una sera di metà marzo sto facendo zapping. La fase Tele+ a scrocco è già superata; nessun buon film su ''mamma Rai'' (e il digitale terrestre è ancora soltanto un sogno); le reti filogovernative del governo più filotelevisivo della storia della Repubblica vengono saltate a pie' pari. Mi soffermo su MTV, dove nessuno pronuncia la parola ''Iron Maiden'' nell'arco di sei minuti: provo pena per l'intero network e cambio di nuovo canale, approdando all'esotico e libero continente delle reti commerciali. Mi soffermo sul diciottesimo canale, Europa 7, dove Charles Bronson sta sparando a dei tipacci in una piazza di qualche paesello mediterraneo. Le revolverate vengono interrotte soltanto dalla pubblicità, ed è allora che succede.
Succede che nel salotto di casa mia irrompe una voce stridula, incazzata, rabbiosa, indimentciabile, apocalittica. Non una voce rassicurante, come quella del cantante dei Nickleback, nè pulita come quella di Bruce Dickinson, così perfetta nella dizione da professorone di Sua Maestà. Un tizio con una bandana e dei capelli rossi- a sequenze lisci, a sequenze cotonati -salta su un palco a colori e danza in una stanza in bianco e nero. Ho da poco imparato la differenza fra una chitarra e una Gibson Les Paul e quel tale con il cilindro in testa e una cofana di riccioli neri sta, giusto appunto, suonando una Les Paul. Un batterista biondo platino e un bassista che sembra suo fratello vengono ripresi da più angolazioni. Un altro chitarrista, con una strana sei corde bianche e una postura che ricorda Keith Richards, ondeggia qua e là. Il cantante nuota con dei delfini mentre il montaggio sonoro passa due, tre, quattro canzoni di fila e quella stessa voce cambia sensibilmente e si interrompe. Il ricciolone esce da una chiesetta con i Ray-Ban infilati nella zip del suo chiodo di pelle nera e il suo cappello vola via. Impugna la chitarra e suona un assolo che mi sconvolge. Cerco brevemente mia madre per dirle che, se mai un giorno mi sposerò, sarà in quella chiesa nel deserto. Il volume si abbassa e lascia spazio ad una voce che somiglia a quella fuoricampo dei documentari di Quark e che- mentre sullo schermo si staglia un quadrato argentato con al centro due pistole incrociate e delle rose -bofonchia qualcosa del tipo <<I Guns N'Roses... la leggenda raccolta in un unico cd... Guns N'Roses, Greatest Hits... in tutti i negozi a partire dal 24 marzo>>. 
Tutto questo dura una quarantina di secondi. Pareti, divano, televisore e salotto spariscono. Rimango solo col nuovo scopo della mia vita: cercare e comprare tutto ciò che la band che ho appena visto in quello spot ha prodotto.
Il pomeriggio del giorno prima della partenza per Torino, accompagno i miei a fare la spesa. Insisto perchè parte dei loro risparmi vengano devoluti alla Ferrero, poi mi rompo e decido di andare a fare un giro per conto mio. Uscendo dall'ingresso principale della Coop, attraverso la strada e in tre minuti sono al negozio di dischi, a spulciare la fila dei compact corrispondente la lettera ''G''. Non guardo neanche quanti dischi dei Guns N'Roses trovano spazio negli scaffali: per me, possono averne pubblicati anche una quarantina; tanto conto di passare il resto dell'esistenza a comparli. Una copertina nera con una croce e cinque teschi simpatici e molto particolari disposti alle estremità e al centro della croce stessa è la prima cosa che vedo. Dieci eurini e Appetite for Destruction è mio per sempre.
Arrivo a casa che è già ora di cena, dopodichè scarto l'ultimo acquisto, sfoglio il libretto e rigiro fra le mani il cd più e più volte. Ho una sorellina di sei mesi e già alle nove e mezza non potrei mandare lo stereo al volume desiderabile. Tutta la musica va ascoltata alta, ma la musica nuova va ascoltata altissima. Poco male. Domattina presto parto per Torino: lo sentirò in viaggio.

Sono le sei e mezza ed è ancora buio. Un sontuoso autobus da turismo Mercedes sosta nel piazzale di fronte alla scuola. Dei quarantadue allievi delle due quarte ginnasio partecipano alla gita in quaranta. Ci accompagnano tre professori. Abbiamo tutti zainetti più piccoli e pratici di quelli che siamo soliti portare durante l'anno. Alle solite raccomandazioni (inutili) dei genitori fanno eco le solite rassicurazioni (altrettanto inutili, ma doverose) degli insegnanti. C'è chi, a dispetto dell'ora, è già vestito di tutto punto, in particolare fra le ragazze. La nostra compagna Chiara ha addirittura cambiato acconciatura e per l'occasione sfoggia una frangetta inedita e un capello doviziosamente piastrato. La professoressa tutor della sezione B- una sezione composta da diciannove femmine e due maschietti -arriva con leggero ritardo, anticipata dal proverbiale rumore dei suoi tacchi. Lei e il nostro anziano docente di matematica, consumato velista che ama definirsi prossimo alla pensione, si concedono il piacere di una Rothmans slim, mentre il Paz, uomo dai gusti semplici e lontano dai vizi, fa l'appello per entrambe le classi. Lasciamo la scuola che non sono ancora scoccate le sette, mentre i genitori salutano, si sbracciano e quasi rincorrono l'autobus.
Io e Marco ci mettiamo accanto: una regola che osserveremo in ogni gita, scolastica e non. Chiacchieriamo a voce non troppo alta per una quarantina di minuti e più o meno a Firenze Certosa ci zittiamo. Lui sonnecchia, io guardo la coltre di nebbia lasciare spazio al sole mentre l'autobus si immette sull'A1. Tiro fuori dallo zainetto il lettore cd portatile, le cuffiette e la cd bag Tucano Urbano riempita solo in minima parte. Infilo Appetite for Destruction e lascio che il riff con cui si apre Welcome to the Jungle mi sconvolga per sempre la vita.

Nati nel 1985 dall'incrocio fra gli Hollywood Rose e gli L.A. Guns, due complessi piuttosto noti nel panorama underground losangelino, i Guns N'Roses della prima ora sembrano essere stati prelevati da una camionetta della nettezza urbana che, senza neanche ripulirli, li ha portati di filato in sala di registrazione a incidere uno dei più grandi capolavori della musica rock. La voce meravigliosa di Axl Rose si sposa magnificamente sia con la maestria chitarristica di Slash, sia con una sezione ritmica potente e pulsante come un treno notturno (un Nightrain, per l'appunto); le melodie di Izzy Stradlin si rifanno alla grande lezione del punk e ai Rolling Stones di Sticky Fingers. Un disco che è la messa in scena della Los Angeles periferica degli anni '80, delle sue contraddizioni e dei suoi eroi emarginati, di un'America a metà strada del secondo mandato di Reagan, piena di dubbi ed eccessi. La vita dei bassifondi di Welcome to the Jungle, le prostitute di It's So Easy, i festini estremi di Nightrain, l'esperienza carceraria e il rifiuto dell'istituzione di Out Ta Get Me, le cronache eroinomani di Mr. Brownstone, l'epica preghiera sospesa fra sacro e profano, fra santi e peccatori, fra Capitan America e un hobo qualsiasi, di Paradise City, l'esilio dalla normalità apparente di un'intera famiglia in My Michelle, le pulsazioni di un amore giovane, masturbatorio e spensierato di Think About You, la poesia dedicata ad un angelo venuto da un altro mondo di Sweet Child O'Mine, lo scherzetto dal vago sentore sadomaso di Anything Goes, la follia rassicurante di You're Crazy e l'inattesa, disperata implorazione con cui si conclude quell'estremo atto di libidine che è Rocket Queen:
''Non lasciarmi mai/dì che sarai sempre lì/ tutto ciò che ho sempre voluto/ era per te/ per farti sapere che io ci tengo".



[tratto da Gli anni selvaggi, libro che pubblicherò prima dei miei trent'anni.]