domenica 19 novembre 2017

"Non bastano tutti i cammelli del deserto per comprarti un amico." [Extra]


Ognuno ha il compleanno che merita, chiassoso o silenzioso, più o meno festeggiato. Ma siccome a ogni compleanno mi ritrovo inevitabilmente più vecchio di un anno, va a finire che cerco di distrarmi in altri modi. Se si eccettua un evento "a sorpresa" nel 2011, scavallati i venti, ho smesso di indire feste, cene e altre libagioni. Da allora, cerco di passare il giorno e la sera del mio compleanno con la mia fidanzata, andando a cena fuori o al cinema. Sono molte le cose che nascono, crescono, maturano, appassiscono e infine muoiono: gli anni sono fra quelle e io non sempre ho voglia di starmene a rimuginarci su.
28 Years Old in Riad El Walaa, Marrakech.
Sofi rimase molto colpita quando, vedendo per la prima volta Marrakech Express, realizzò che buona parte delle frasi che a volte, nel quotidiano, ripeto come un mantra provenissero da quel film. Posso parlare letteralmente di un cordone ombelicale che mi tiene legato a questa commedia dai toni crepuscolari: mi è stato raccontato che un paio di mesi prima che fossi costretto a venire al mondo, i miei andarono al cinema a vedere il film di Salvatores, vivendolo in diretta come un instant cult sulla loro età, sul passato e presente proprio e dei propri coetanei. Ecco, mi piace pensare che alla base del mio regalo di compleanno (un viaggio a Marrakech, giusto appunto) ci sia stata la visione di quel Marrakech Express (oltre alla mia passione di lunga data per Casablanca, No Quarter Unledded dei due ex-Zep, Caravanserai di Santana, Il legionario di Piani e Polese) che la mia generazione, per vari motivi, non potrà mai avere. Anche solo perchè non è un film che celebra il proprio tempo (gli anni '80), ma lo rifugge e, rifuggendolo, lo spiega meglio di ogni glorificazione. Meccanismi che si incastrano con fatica nel mondo diverso, opinionistico, per molti versi post-autentico come quello di chi ha (quasi) trent'anni oggi e in cui gli unici pensieri che finiscono con l'avere veramente un peso sono quelli fatti la sera, quando ci si corica spegnendo lo smartphone e la luce.

"La felicità è la strada" è una di quelle frasi che mi piacciono tanto; significa che non è tanto dove arriviamo quello che conta, quanto la strada che percorriamo per arrivarci. Cos'altro sarà poi questa felicità con cui tutti ci riempiamo la bocca e che meriti abbiamo per pretenderla rispetto a milioni di persone che non potranno permettersi neanche il lusso di sperarla davvero non sono in grado di dirlo. Anche in Marrakech Express- come in Turnè e Mediterraneo -la felicità è la strada, quella su cui si consumano, essenzialmente, sia la fuga che l'amicizia. Un'amicizia virile, autentica, appassionata, a tratti cazzona, certo, ma non per questo casermistica o guascona, un'amicizia che resiste alle distanze spaziali e temporali con la spontaneità e l'affetto di un primo amore. La stessa spontaneità che esplode, dopo appena un giorno a Marrakech, quando ci imbattiamo nel Giove, che è in ferie con la fidanzata in Marocco. Un incontro che si consuma in mezzo al caos della piazza Jamaa el Fna. Potrebbero mancare solo Plant e Page, come nel '95, ma io e Giove nel 2017, posso garantire, non siamo da meno e a me torna in mente proprio l'antico proverbio arabo di Marrakech Express: "Non bastano tutti i cammelli del deserto per comprarti un amico".

Mentre fra una patata agrodolce e una salsiccia di pecora ci raccontiamo, reciprocamente, la condotta delle nostre esistenze da marzo a ora, Giove se ne esce con un ammirevole soliloquio sull'eccessiva importanza che conferiamo all'accumulo di denaro: <<Uno non si fermerebbe mai>>, dice, <<Ti dai un traguardo, una cifra, la raggiungi e una volta raggiunta sposti l'asticella più avanti, ne vuoi ancora e ricominci tutto da capo. Non ti accontenterai mai>>. Mi tornano in mente il famoso monologo Greed is Good di Gordon Gekko in Wall Street, le facce degli yuppies negli speciali a loro dedicati dai settimanali di informazione, miriadi di frasi estrapolate da dieci anni di salotti televisivi incentrati sulla crisi economica. <<Gordon Gekko, mavvaffanculo va'!>>, penso. Purtroppo, l'amarezza dei tempi che viviamo ci condiziona l'umore e cerchiamo di cambiar rapidamente argomento prima di vederci scaraventati nelle profondità dei deserti cosmici e costretti a intonare il famoso Blues for Allah.
Digeriamo quella che rimarrà la migliore cena del nostro breve soggiorno e ci addentriamo nella Medina, dove sorgono entrambi i nostri alberghi, per bere un tè. Scegliamo un locale tipico, con i tavoli che si affacciano su una piazza che ho visitato anche stamani, ma che a quest'ora della notte è assai diversa. Dopo un fiume in piena di parole, ci zittiamo un attimo, sorseggiamo la bevanda calda e speziata. Cerco di osservare me e il Giove dall'esterno. <<Ma tu guarda questi due coglionauti, questi due ex-liceali che si ostinano a giocare ai compagni di banco, questi due vagabondi del Dharma...>>. Ci sorridiamo vicendevolmente, entrambi ancora meravigliati dalla natura lievemente surreale di un incontro tenuto in un paese tanto lontano da quelli dove viviamo (io da sempre in Italia, mentre lui, da qualche anno, ha piantato le tende in Europa dell'Est). La teiera si svuota, i minuti si rincorrono sull'orologio e io, sentendo che il momento del commiato si avvicina, mi rifugio in pensieri più solitari. Sono qui, so che sto vivendo un'esperienza indescrivibile, di quelle che mi riempiono l'anima. ma una fitta di consapevolezza non tarda ad attraversarmi il petto: credevo di vivere, in realtà stavo già ricordando. Ero già tornato e ancora non lo sapevo. E infatti eccomi qua, neo-ventottenne, con una domanda antica quanto il mondo stesso: esiste o no il presente?

Nessun commento:

Posta un commento