domenica 31 dicembre 2017

L'anno che verrà [Extra]

Verso il 2018, e oltre.
Anche il natale 2017 è stato inghiottito dal passato, come del resto ogni altro secondo della nostra vita. Largo al 26 dicembre, che è terra di nessuno, un giorno per spiriti solitari. E' un momento di ventiquattro ore in cui il Natale finisce definitivamente. I negozi restano chiusi, i bar pure, i ristoranti idem. Gli unici contatti col genere umano restano le telefonate, i social, i messaggini. Inutile sottolineare che io sia assai poco ipnotizzato da tutti questi strumenti: da luglio poi sono tornato a possedere con una certa fierezza un cellulare, uno di quelli che telefonano, mandano SMS e non hanno bisogno nè di aggiornamenti performativi nè di un allaccio perenne ai tralicci dell'Enel per restare carichi e far dormire di conseguenza sonni tranquilli ai loro proprietari. Ho così ulteriormente dimezzato le mie possibilità di essere perennemente e inutilmente connesso. Essendo il giorno di Santo Stefano, posto su Facebook la prima strofa e il video di St. Stephen, crogiolandomi nell'efficacia di quel quasi capolavoro che è l'intero Aoxomoxoa. Roba pensata per riavvicinare l'uomo- ormai povero dentro -al suo vero io, mettendo in crisi certe sghembe convinzioni in cui la società ci ha imprigionati: sarà per questo che i likes faticano a concretizzarsi?
I commenti che si sentono e si leggono in questo periodo sono più o meno tutti uguali, sia che si tratti della blanda ipocrisia cattolica degli auguri sacri che del distaccato e altrettanto ipocrita cinismo anti-festività. In entrambi i casi a farla da padrona è l'insicurezza, la stessa per cui, col passare degli anni, continuiamo a far indurire la nostra scorza fino a giungere a un simbolico paradosso: per vivere meglio il presente dobbiamo rinunciare alla felicità completa e priva di condizioni del passato. Questo ho imparato da tutti i natali, santistefani, santelucie e capodanni cui ho partecipato: da percepire la festività come un'attesa (nel mio caso laica, sebbene un caro amico, credente di ferro, mi rassicura che dio non si è ancora stancato degli uomini) sono passato a celebrare una festa per l'anima della strada che è in me, una ricorrenza dove mi ritrovo a organizzare e passare in rassegna amicizie e conoscenze di tutta una vita. Per alcuni giorni sono investito da una serie intensa, quasi violenta di flashback e film mentali, sogni che sono sicurissimo di avere fatto poche notti fa ma che, in realtà, sono vecchi di anni e anni.
Se mi avventurassi nella scia
fra i viadotti del tuo sogno
dove immobili cerchioni di acciaio schioccano
e il fossato nelle strade secondarie mi ferma,
potresti trovarmi?
Baceresti i miei occhi?
Per stenderci giù
in silenzio, lentamente.
Per rinascere
dal lato opposto dell'oceano.
Per quanto in queste settimane astrali viaggi- giusto appunto- "in modalità Van Morrison", non posso mancare l'appuntamento con la musica dal vivo. Al Tortuga scendono da Castellina in Chianti alcuni membri degli ex-Modulo 101, storica punk band valdelsana, in una veste praticamente inedita e con una formazione affettuosamente denominata Lillo & i suoi Ramoni. Un'ora di fuoco e fiamme del repertorio Ramones, nessuna grossa sorpresa e la voce del cantante pericolosamente troppo filtrata da mixer ed effettistica. Quello che ci vuole prima di far salire gli Spoffish, che conosco personalmente e che sono venuti a pagare il tributo ai Clash e alla poesia di Joe Strummer. Insomma, il materiale portato (in maniera impeccabile) sul palco è quello che io considero uno dei massimi punti di arrivo di tutto il punk. L'approccio della band, vuoi per l'età, vuoi per le differente esperienze musicali precedenti, si rivela molto più in linea con ciò che Strummer fece negli ultimi anni di vita coi Mescaleros che non con Mick Jones e soci. Potrebbe suonare come una critica, ma non lo è: anzi, se si vuol essere obiettivi, è la miglior virtù di un gruppo come gli Spoffish.
Resta il fatto che l'inverno è bello, sì, ma da Santa Lucia a Natale, poi diventa noioso. Già Capodanno non lo capisco molto: che ci sarà da festeggiare in un altro anno che se ne va? E poi, diciamocelo, far finire l'anno il 31 di dicembre e farlo iniziare il 1 gennaio è una cazzata di proporzioni abnormi: sono due giorni assolutamente identici. Mediamente detesto il 31 dicembre, in quanto unica sera dell'anno in cui, se vuoi cenare, devi ordinare venti portate, oltre a essere quella in cui muoversi all'aperto è un revival della guerra in Vietnam. Inutile aggiungere che a me dell'ultimo dell'anno 2017 importa assai poco, ma, se qualcuno disponesse di una macchina del tempo e di un paio di biglietti, me lo faccia presente. La voglia di un salto indietro di una quarantina d'anni ce la potrei avere, così come avrei chiara la destinazione: il Winterland di San Francisco il 31 dicembre 1978. Sul palco si susseguono Quicksilver Messenger Service, Blues Brothers e Grateful Dead, che in questa occasione tengono uno dei concerti più lunghi della loro carriera. John Belushi e Jerry Garcia. Vite spericolate a modo loro. 
Concludo l'anno postando L'anno che verrà di Lucio Dalla. Conclusione della madonna di un disco della madonna (l'omonimo Lucio Dalla). "Chi se ne intende" storce la bocca di fronte al Lucio degli anni Ottanta, io no. Ma "chi se ne intende" snobberebbe anche ... And Justice for All, perchè "Cliff Burton era già morto" e i Metallica stavano vendendo "troppe copie" dei loro dischi. Mi sono sempre divertito a far incazzare queste persone, quindi lo dico apertamente: Lucio Dalla e Dalla non sono meno belli della trilogia prog-rock scritta con Roberto Roversi (Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili), mentre 1983 è innovativo come lo era stato, sei anni prima, Com'è profondo il mare, pur senza eguagliarne la stoffa di capolavoro. Sarei in grado perfino di salvare buona parte dei duetti di Dalla/Morandi, ma meglio che mi fermi qua. Come ho scritto su Facebook, chi non si emoziona veramente ascoltando L'anno che verrà non ha cuore, e probabilmente non ha anima e neppure orecchie. Oppure ha l'attenuante di non conoscere l'italiano.



















 

domenica 24 dicembre 2017

Cronache natalizie dal pianeta perduto [Extra]

Aspetto la Festa del Sole, più che la nascita del povero Cristo, che- è ormai appurato -nacque distante da neve e gelo. Nessuna stella tremolò sopra il capanno dove la vergine Maria (guai a dire che la mammina non si chiamasse Maria e il babbino non fosse tal Giuseppe, di professione falegname) lo dette alla luce, per non parlare dei re Magi: che fossero tre e che arrivassero dal buco di culo del mondo è una spicciola credenza popolare, portata avanti, fra l'altro, da chi non ha manco mai letto il Vangelo secondo Matteo. Altrochè "oro, incenso e mirra"! Fra lavoro, peregrinazioni limitatamente consumistiche, aperitivi e cenoni trovo il tempo per mettere il computer a scaricare una versione .flac di 30 Trips Around the Sun che, all'apparenza, sembrerebbe completa, sicura e non ingannevole. Giga e giga di materiale, oltre 73 ore di musica, roba che- se il download dovesse andare in porto -mi fa prefiggere l'ascolto di almeno due concerti dei Dead alla settimana: una stima fatta, troppo incautamente, già nel 2015, quando il box fu pubblicato e io (manco a dirlo, misero, tapino e sprovvisto di 700 dollari) decisi di reperirlo nelle profondità del cyberspazio, imbattendomi in cartelle .rar vuote, file .zip compromessi, sparuti e insufficienti mp3 che, alla fine, mi dissuasero da proseguire le ricerche. La faccenda parrebbe essere andata in porto. Ora per potermi avvicinare all'originale manca solo di masterizzare ottanta cd-r, ricostruire la scatoletta di legno, decorarla  e curare, una a una, trenta confezioni digipak, dopodichè è fatta.

Approfittiamo della penultima domenica d'avvento per visitare, a Firenze, mio nonno paterno, fresco dello spegnimento di ben novantuno candeline. Festa di compleanno fissata per pranzo. Una cosa ristretta solo a noi, ma efficace e in grado di allietarlo, lui che- comprensibilmente -tende a rincorrere pensieri sempre più funesti man mano che l'età si avvicina senza mai però scadere nel banale rompimento di coglioni. Guardandolo, posso solo sperare che il sangue non sia acqua: la testa c'è tutta, l'autonomia di movimento anche. Nel pomeriggio lo salutiamo e facciamo un giro piacevolissimo in centro. Molte famiglie, gente paradossalmente e apparentemente felice e rilassata, qualche coppia con lei impellicciata e siliconata e lui attempato tronista talmente unto da risultare inagguantabile. C'è una luce meravigliosa, l'aria è fredda ma piacevole e io riesco- nel caos dei consumi -a trovare due, tre strenne a prezzi accessibili: il che mi rende molto contento. Devo dire che la positività di domenica e, in generale, dei giorni che precedono l'arrivo effettivo dell'inverno mi accompagna per tutto l'inizio della settimana. Anni che non capitava.
La domenica sera a cena, di nuovo, si torna sull'argomento Manuel Agnelli. "Povero me, povero me!", per dirla col Ciccio. Questa storia inizia ad assumere dei contorni onirici: possibile che chi mi sta vicino non abbia ancora capito che a me fanno cacare Agnelli, la sua musica, i suoi capelli malamente tinti, i libri in cui consiglia la marca che produce il tubetto di balsamo più adatto per infilarselo in culo, ciò che rappresenta e il ruolo che svolge? <<Oh, però- senza offesa, eh -ma te, me e tanti altri, alla fine ad Agnelli, bisogna lustrargli le scarpe se si parla di musica...>>, mi sento dire. Ora, sarà che io non sono un lustrascarpe, sarà che la persona in questione può permettersi di prendere con me questa e ben altre confidenze, ma un po' ho rimuginato sulla replica e, alla fine, ho optato per farmi una risata e abbandonarmi a un perentorio <<E allora 'fanculo, ti lascio in compagnia di quell'altri!>>. Del resto, a natale siam tutti più buoni e, deo gratiasX-Factor sta per concludersi. Il lato alternativo della giuria perderà tutto il possibile: trionferanno quella megera della Maionchi e, con lei, un'idea di "bel canto" tutta italiana, feroce, reazionaria, terrificante, folkloristica. Io e la mia amica Martina (che al contrario di me trova fegato e tempo per seguire quella spazzatura griffata Sky) vorremmo comunque indire un cocktail party al solo scopo di festeggiare la sconfitta di Levante, nemesi che ci ha accomunati per tutto il 2017. Alla fine ci limiteremo a un brindisi solitario. Lei mi invia un articolo molto ben fatto e io improvviso un discorso forse un po' contorto, tramite cui cerco di esplicare che  il problema di fondo è che non sussiste più differenza fra guardare una puntata di Che tempo che faX- Factor Dalla vostra parte. Tutti e tre sono programmi "politici"- perchè se la politica non è tutto, tutto è politica -e da tutti e tre emerge chiaramente che gli italiani hanno (e guardano) ciò che meritano.
Negli stessi giorni, si accende il dibattito su Selvaggia Lucarelli neo-direttrice della versione digitale di Rolling Stone. Appare evidente da subito che nessun hater (tutti dichiaratamente di matrice arrocchettato-metallara) abbia mai letto l'immonda edizione nostrale di una rivista che già nella madre patria non è che goda propriamente di grande credibilità. Anzi, diciamo direttamente che Rolling Stone Italia è paragonabile, come contenuti, pubblicità e capacità di approfondimento, al tristemente noto settimanale Cioè. Solo che, in quest'ultimo, l'oggetto degli articoli sono tormentati e impossibili gossip su giovani star della rete e della televisione, mentre nel primo si dovrebbe, in teoria, leggere di musica, ma si finisce sempre col trovarne poca e mediocre. In USA possono dire che, seppur per un breve periodo, un Hunter S. Thompson lo hanno avuto, quando noi ci siamo limitati a Fabio Volo.  E comunque sarà arduo per la Selvaggiona nazionale fare peggio del suo collega "su carta" Massimo Coppola. Io poi non la amo, ma nemmeno la odio. Certo, mi fido poco di una che passa da una marca di carta igienica (Libero) a un'altra (Il Fatto Quotidiano) nel giro di mezzo governo breve, ma va tutto bene: è il giornalismo, baby! E ovviamente, come ripeto sempre, Gaber aveva ragione. Il mio unico appunto, tuttavia, da questo umile e inconsistente spazio, voglio muoverglielo: Lester Bangs, che in quello da lui ha definito il peggiore periodo della sua vita ha scritto anche per la rivista che la Lucarelli- seppur in digitale -sta andando a dirigere"allo scopo di rendere questo paese più rock",  si chiama "Bangs" e non "Banks". Da una parte, abbiamo un glorioso e controverso cronista musicale, dall'altra il capofamiglia del film Mary Poppins. Non è la stessa cosa.
Per fortuna il 21 dicembre arriva il solstizio. E pensare che, dalla notte dei tempi fino a tutta l'età romana, questa notte- la più lunga dell'anno -coincideva con la fine dell'anno solare. Poi è arrivato il cristianesimo a rompere i coglioni e addio ai ritmi naturali! Fatto sta che mi piace molto questa fase dell'anno, ingiustamente e sbrigativamente liquidata dai più ("persone facili che non hanno dubbi mai") triste e deprimente. Al contrario, mi piace provare a capire- inutilmente, purtroppo -se nevicherà come nel natale del 1995, o quante luci a intermittenza andranno di pari passo lungo il mio vialetto e, ovviamente, creare playlist a tema da regalare agli amici e alle amiche. Usanza vecchia di un decennio buono. Le primissime che ricordo contenevano, oltre ai miei consueti cavalli di battaglia dell'epoca (Iron Maiden, Bob Dylan, Guns N'Roses, Neil Young), molti bei pezzi di artisti non prettamente radiofonici (Bonnie Raitt, Jackson Browne, i Byrds, Eva Cassidy, i Doors, ecc.). In anni più intensi di quelli attuali lo scambio del cd natalizio era d'obbligo e spesso accompagnava ulteriori doni di carattere letterario, cinematografico e musicale. Oggi queste playlist vengono consegnate a una cerchia ristretta di amici e amiche in copia fisica, oppure mandate via dropbox. Le canzoni a sfondo prettamente natalizio, in realtà, sono ben poche, ma la selezione è fra le migliori che mi capita di redigere nel corso di tutto l'anno solare. Sarà che mi sento sotto una buona stella, il fuoco della vita arde e mi scuote anche quando la temperatura scende sottozero, certe immancabili paturnie esistenziali cadono sotto i colpi di fremiti ancestrali unici, ma arrivare alla vigilia di natale, anche quest'anno, è un attimo. Niente favolette su bimbi etiopi con occhi chiari e capelli biondi, niente presepi da difendere o alberi spelacchiati su cui improvvisare paragoni con l'amministrazione comunale che li ha installati: solo buon cibo, belle cose, buona musica e amici che si ritrovano per stringersi gli uni agli altri. Il che non è banale, vivendo su un pianeta sperduto nelle profondità dell'universo.

mercoledì 20 dicembre 2017

[Classifica] Best & Worst Albums 2017

top-ten albums

1- Gov't Mule, Revolution Come... Revolution Go (Fantasy Records)
2- Ambrose Kinmusire, A rift in Decorum: Live at Village Vanguard (Blue Note Records, 2 Cd)
3- Gregg Allman, Southern Blood (Rounder Records)
4- The Blue Note Allstars, Our Point of View (Blue Note Records, 2 Cd)
5- De Johnette, Medeski, Grenadier, Scofield, Hudson (Motéma Music)
6- Marty Stuart, Way out West (Superlative Records)
7- Cuck Berry, Chuck (Decca)
8- Gang, Calibro 77 (Rumble Beat Records)
9- Chris Hillman, Bidin'my Time (Rounder Records)
10- Charlotte Gainsbourg, Rest (Because Music)

best live album
Ryan Adams, Live at Rough Trade (Capitol Records, LP)


best cover-album
Ginevra di Marco, La rubia canta la negra (Funambolo Dischi)

best debut album
Miss Velvet & The Blue Wolf, Bad Get Some (Isotopia Records)

best box
Bob Dylan, The Bootleg Series Vol. 13: Trouble No More (Deluxe Edition) 
 (Columbia Records, 8 cd+ DVD)

best reissue album
Neil Young, Hitchhiker (Reprise Records)

best restrospective live album
Steve Winwood, Greatest Hits Live (Wincraft Records/Thirty Tigers, 2 cd)

best soundtrack
The Grateful Dead, "Long Strange Trip" Motion Picture Soundtrack (Rhino Records/Amazon, 3 cd)

best videoclip:
Gregg Allman, Song for Adam

worst-ten albums

1- Arcade Fire, Everything Now (Columbia Records)
2- Brunori Sas, A casa tutto bene (Picicca Dischi)
3- Carlos Santana & The Isley Brothers, Power of Peace (Legacy Recordings)
4- U2, Songs of Experience (Interscope Records)
5- Depeche Mode, Spirit (Columbia Records)
6- Father John Misty, Pure Comedy (Sub-Pop Records)
7- Foo Fighters, Concrete and Gold (RCA)
8- Queens of the Stone Age, Villains (Matador Records)
9- Mavis Staples, If All I Was Was Black (Anti Records)
10- Jovanotti, Oh, vita (Universal Music)



giovedì 7 dicembre 2017

La mediocrità contro la bellezza [Extra]

Mese delicato dicembre: lungo momento di bilanci, classifiche, giudizi, critiche, ripensamenti. Ma, soprattutto, un mese in cui più che mai emerge, nella sua totalità, lo scontro secolare fra bene e male, fra bellezza e mediocrità. Vi entro come sopravvissuto al famigerato black friday, che ho deciso di boicottare semplicemente infischiandomene. Mai stato cane di trovar nulla, senza poi contare che l'unico paio di scarpe che mi piace da un anno a questa parte non è scontato in nessuna parte del mondo globalizzato. Non dispero: magari me le porta Babbo Natale, complice l'avvicendarsi delle festività del Sole, unico, autentico motivo di festeggiamento del 25 dicembre (alla faccia della natività e del papaccio!). Ma, ahimè, dicembre non porta solo regali graditi, film fuori catologo presi in edizione dual disc al prezzo di una birra media, cesti ricolmi di cd di ogni genere, luminarie affascinanti a cui ognuno delega il significato che preferisce, e ancora vini, dolciumi, formaggi, libagioni. Purtroppo, tocca far fronte anche all'ipocrisia del "buon cristiano", a quelle usanze piccolissimo-borghesi che, anno dopo anno, perdono in credibilità e riguadagnano solo in inutilità. E' facile vivere in una comunità medio-piccola e imbattersi in merde umane caracollanti e contraddittorie che sai per certo ti ammazzerebbero se solo l'omicidio non fosse reato ma che, in questo periodo dell'anno, si sperticano in asfissianti riverenze e dolorose (per me, che vi assisto, e per loro, che ne sono prede) prostrazioni. Non c'è salvezza: dove mi sposto, dove mi piove addosso una scarica di dolente banalità. Si comincia già nel primo week-end del mese alla Coop, dove, in fila al banco gastronomia, incontro una lontanissima parente, diretta discendente di quel ramo familiare che, al contrario di tutto il resto dell'albero genealogico, si è un po' arricchito. <<Tante care cose a te e alla tua famiglia...>>, mi dice, mentre io, in nome della buona educazione, accenno un sorriso falsissimo ma, per non scendere al suo livello, mi limito a un semplice <<Grazie... altrettanto>>. E poi penso <<E adesso, bucaiola maledetta, lasciami solo, a ordinare la mia schiacchiata con le zucchine...>>. Segue un episodio che vede protagonista una coetanea dei miei, rinomata mitomane con una spiccata tendenza alla malattia immaginaria, nemica giurata di intelligenza e raziocinio come io lo sono di razzismo e giudici di talent-show musicali. Mancano più di venti giorni a natale, ma nel bar-pasticceria in cui la incontro lei è già intenta a trattare il prezzo di panettoni, pandori e torroni. Solo sentirla parlare mi fa venir voglia di ordinare il primo Negroni della giornata, ma- resomi conto che non è nemmeno mezzogiorno -opto per una spuma bionda e un tramezzino col tonno. Ostento indifferenza senza perderla d'occhio nello specchio dietro il bancone, ma mi riconosce comunque. Mi tempesta di domande sul mio presente a cui non lascia neanche il tempo di formulare una risposta, e, mentre cerco di pulire con un tovagliolino di carta gli angoli della bocca, è già passata  a predire il futuro: mio, suo, dell'intero paese. Un futuro dove, manco a dirlo, l'Islam stravince. <<Magari!>>, mi verrebbe da auspicare già solo guardandola. Passato l'interminabile momento di livore fallaciano, veste un sorriso di circostanza e chiosa con una frase ebete e violenta: <<Oh, allora buone feste e, se iddio vole, basta la salute...>>. A volte mi convinco di vivere il lungo, distopico incubo di qualcun altro. Comincio a temere che un mondo migliore non esista. E se perfino nelle poche ore di sole a disposizione di una domenica dell'avvento dovessi guidare fino al limitare di uno dei miei amati boschi per poi imbattermi in un conoscente pronto a sfoggiare il suo miglior <<Ti faccio tanti auguri ora che ci si vede, ma tanto ci rivediamo, sì...>>? Meglio non rischiare. Resto a casa ad ascoltare, in trip, uno dei miei pezzi preferiti tra i cento che adoro dei Jefferson Airplane: Trial by Fire. Una storia vera, si dice, di una fuga di un giovane bandito che muore in un incidente stradale, o qualcosa di simile. Quando uscì questo live- ma anche in tempi recenti -si scrisse che il gruppo non aveva più niente da dire (siamo nel 1972 e i Jefferson pubblicavano regolarmente già da sei anni). Quanti ne vorrei di gruppi che non hanno "più niente da dire" e decidono di dirlo in questo modo. 
Devo andare via sull'autostrada, far durare questo momento
perché si avvicini al futuro, mescolandosi col passato.

Gironzolando contento, cosa pensi che veda ?

Quella mano ossuta che ti chiama e mi dice <<Ragazzo, vieni con me>>.

Quel motore non è abbastanza robusto per superare la curva,

così giaci sulla schiena nel mezzo di un campo e vedi il tuo corpo bruciare. 
Comincio ad approntare, grazie ad iTunes, la playlist per la compilation dell'inverno 2017 da regalare a chi me la chiede (un'usanza ormai vecchiotta nel mio giro di amicizie), mentre, di quando in quando, controllo il mio account TicketOne. Un paio di buoni posti per Bob Dylan a Firenze ci sarebbero pure, ma preferisco aspettare, vedere cosa rimarrà nei prossimi mesi e, soprattutto, se e a quali prezzi verranno "ributtati" i biglietti per la platea numerata del primo settore. Non c'è fretta, nè sono stato in grado di trovare un'anima disposta a tenermi compagnia per l'ipotetica serata del 7 aprile. Tutti cementificati su Firenze Rocks, tutti ancora indecisi se prendere o meno dei biglietti che, mentre loro riflettono, sono già finiti, tutti non ancora rassegnati alla triste realtà, la stessa con cui ho dovuto fare i conti pure io (ossia che tutti i posti per l'equivalente del golden pit per il 15 giugno sono andati esauriti in fase di prevendita). Riccardino è l'unico che mi ha rincuorato, dicendomi che lui Dylan andrà a vederlo, ma a Modena, perchè un'amica gli ha regalato il biglietto per quella sera. Tuttavia, non mi sembra troppo coinvolto: forse non ama sufficientemente lo zio Bob, o forse- come molti -lo teme. In effetti, tutti i torti potrebbe non averli, ma anche lui era presente, come me, di fronte al palco degli Stones lo scorso settembre. Anche lui, da musicista e appassionato, è in grado di analizzare i fatti e di non fare di tutta l'erba un fascia. Visto che nella giungla dei social si leggono già i primi sproloqui su questa corposa sezione italiana del Never Ending Tour e arrivano da ogni dove paragoni fra Dylan e quelle che odiosamente vengono definite "vecchie glorie" (un termine di moda trent'anni fa), me la sento di fare una precisazione,  a prescindere che ad anno nuovo mi rechi o meno al concerto al Mandela Forum: confrontare la musica di Dylan con quella di un qualsivoglia gruppo rock non è folle, è da ignoranti (proprio nel senso latino del termine). Sostenere, a cavallo fra 2017 e 2018, che Dylan sia un vecchio bavoso che fa concerti per soldi significa non sapere di cosa si stia parlando, in quanto la sua produzione poetica e musicale non è confrontabile con qualsiasi altro gruppo o artista di derivazione rock and roll: sono due livelli diversi e mai sovrapponibili.

Nella notte fra il primo e il 2 dicembre rompo ogni indugio e mi iscrivo a neilyoungarchives.com. Sulle prime, tento via Facebook, ma il sistema deve essere intasato e compromesso, visto che per dieci minuti i miei dati non vengono nè assimilati, nè riconosciuti da questo gigantesco sito a cui il Loner ha lavorato (e ha fatto lavorare, mi sa) negli ultimi anni. Così, ricorro al mio account gmail e la cosa va in porto nel giro di alcuni secondi. Nella casella di posta elettronica mi arriva una mail di Neil, una lettera indirizzata e firmata che mi fa tremare le gambe e battere il cuore (<<Abelardo? Eloisa? tiè!>>). Leggo distrattamente una lista di istruzioni in inglese, salto a piè pari un video tutorial sempre in lingua e passo ad aprire gli archivi. L'interfaccia è una meraviglia. Imposto come preferita la modalità timeline, semplice e intuitiva. Non c'è traccia dei dischi perduti, ovvero quelli destinati- nel catalogo fisico -alla famosa SRS (Special Release Series), sulla quale, dall'anno dell'annuncio (2009), è stato pubblicato solo Hitchhiker (nel settembre scorso e per giunta come quinto cd della serie): tuttavia, nella sezione FAQ del sito, leggo che verranno messi presto. E' notte, ho le cuffie e non posso gustarmi la tanto sventolata qualità audio delle canzoni pervenute a tutto volume nell'impianto. Lo faccio l'indomani. Se mancavano ulteriori prove per dimostrare il fallimento di Pono e di tutte le strampalate teorie di Young sull'alta fedeltà nella musica liquida (recentemente si è distinto anche come sostenitore del progetto di streaming "di qualità" denominato Xstream), paradossalmente sono proprio i suoi archives a fornirle: le canzoni che possiamo ascoltare qui sono semplici file mp3 in risoluzione 320 kbps; poi, chiaramente, se spostiamo il cursore dalla sigla "320" su "Master" otteniamo lo stesso file in qualità 24bit, ma occhio a non avere il PC (dallo smartphone non è possibile accedere agli archivi se non tramite una app che sembrerebbe essere in arrivo) troppo occupato o sovraccarico. La risoluzione, in questo caso, diventa paragonabile a quella di un cd semplice: il che, per un artista che fu fra i primi a interessarsi a formati ottici di fascia superiore e che ha impiegato oltre vent'anni prima di poter ripubblicare interi capolavori della propria carriera in HDCD o DVD-Audio, fa quantomeno sorridere. Per il resto, il sito è bello da vedere e piacevole da visitare e magari- fin tanto è gratis -iscriversi e bazzicarlo non fornirà le risposte alle grandi domande dell'esistenza ma sicuramente renderà più sopportabile viverla. Concludo con una dritta: se di fronte alle cartelle dei film e/o documentari vi viene duro, sappiate che sono corredate da schede di informazioni, foto, link a video preesistenti su YouTube ma che non avrete nessuna possibilità di visionare il materiale, nè parzialmente, nè per intero. Anche in questo caso, come accennavo poco sopra, ad oggi 7 dicembre, nessun barlume di materiale inedito: il che, per uno che è dalla tarda adolescenza che anela ad ascoltare Homegrown, è un po' frustrante.

Dal 2 dicembre entro anche in modalità "cene". Lo so che ingrassiamo, riempiamo i nostri corpi di sostanze inusuali, se non, talvolta, di merda, ma attendere il solstizio di inverno cenando in compagnia presso tavolate di ogni forma, colore e dimensione è il massimo. Capita, tuttavia, di non digerire immediatamente il ben di dio ingurgitato la sera prima, e così, certe domeniche mattina, invece di essere votate al sacrosanto riposo, finiscono col partire con largo anticipo. Sono momenti in cui, se supero il giramento di coglioni, cerco di far volare alti i pensieri, leggo un libro, disegno, ne approfitto per stare un po' da solo con me stesso, spippolando il computer e lasciandomi trasportare dalla corrente di quei siti e-commerce a cui, ogni tanto, devolvo il mio obolo. Come il web 2.0 ci ha ormai abituati, è facile cliccare su un prodotto che ci interessa e che, subito dopo, negli spazi dedicati alle inserzioni del sito visitato poc'anzi, si configurino oggetti identici o simili, segnalati con insistenza e venduti "a partire da" una cifra sempre e comunque inferiore a quella visualizzata precedentemente. Oggi mi si para davanti, in tutto il suo splendore, DVD dei Led Zeppelin. Ci avete mai pensato a che razza di titolo meraviglioso e definitivo è DVD per un dvd? Quando da ragazzino presi in mano, svenandomi, DVD dei Led Zeppelin, non sapevo cosa ci fosse dentro, ma mi resi perfettamente conto che stavo portandomi a casa un pezzo di Storia. Era nei negozi da un paio d'anni e continuava a vendere una cifra pazzesca (pazzesca, intendo, per un DVD musicale), costava una cifra con cui oggi compri un box con tre stagioni de Il trono di spade e faceva il paio con The Song Remains the Same, che avevo trovato in forte sconto, alcuni mesi prima, alla Coop di Poggibonsi. Ingenuamente, lo misi a disposizione durante l'autogestione scolastica della primavera successiva e sparì prima che riuscissi a pronunciare la parola "Knebworth". Non ho mai saputo il nome di chi lo rubò, ma spero tanto che abbia una faccia su cui, prima o poi, io possa sputare in totale tranquillità. Nel frattempo, dopo quasi dodici anni di separazione forzata, ho deciso di risolvere. Gioiamo! La bellezza ha vinto di nuovo.

domenica 3 dicembre 2017

[Classifica] Top 10 concerti 2017

Top-ten 2017 concerts

1- Guns N'Roses, Autodromo Renzo e Dino Ferrari, Imola (BO), 10 giugno
2- Tedeschi Trucks Band, Alcatraz, Milano, 19 marzo
3- Claudio Fasoli & Samadhi Quartet, Un Tubo, Siena, 8 marzo
4- Giuseppe Vitale Trio, Bottega Roots, Colle di Val d'Elsa (SI), 26 novembre
5- Ginevra di Marco, Marcialla (FI), 12 luglio

6- Kirk Fletcher & The Dany Franchi Band, Il Tortuga, Poggibonsi (SI), 30 marzo
7- Elli de Mon, Bottega Roots, Colle di Val d'Elsa (SI), 05 maggio
  8- Enrico Rava Quintet, Un Tubo, Siena, 12 aprile
9- Hugo Race & Michelangelo Russo, Bottega Roots, Colle di Val d'Elsa (SI), 1 novembre
10- Le Birrette, Pieve di Molli, Sovicille (SI), 27 agosto

[N.B.: le foto 3, 7 e 9 non le ho fatte io; meglio specificare, non si sa mai...]